Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/114

96 capitolo vi.

L’intervento del confessore non era sempre opportuno, anzi, quanti casi d’imprudenze e di rovine morali produceva il confessionale! Gl’inconvenienti morali di questo sacramento in nessuna città apparivano così nefasti quanto a Roma, per il frequente esercizio in tutte le classi sociali del sacramento stesso, e per la confusione dei due poteri.


*


La condizione di patrizio romano col diritto di alzare lo stemma proprio, nonché quelli di Napoli e di Spagna, perchè grande di Spagna e ciambellano della corte di Napoli ordinariamente; un’ostentata e incorreggibile indifferenza per tutte le cose del mondo, e un esagerato spirito religioso, non affezionavano i principi alla politica, nè per ragioni tutte politiche fu mandato in esilio nel 1860 il principe di Piombino. Si disse ch’egli volesse far troppo il suo comodo senza curar le apparenze, che rispondesse male ad alcuni avvertimenti del vicariato, e manifestasse sentimenti liberali. Il principe andò a Torino, e nel dicembre di quell’anno, egli col duca Sforza Cesarini, fu nominato senatore del regno d’Italia. Ma in Senaìi in una stazione termale nel 1883. Suo figlio Ignazio, oggi senatore del regno, era studente a Firenze nel 1866, e si arrolò garibaldino, e si trovò nel 1867 a Monterotondo e a Mentana. Il principe era un po’ in fama di stravagante; e una circostanza, che gli confermava tal fama, era questa, che, solo dei principi romani, non voleva che i suoi servi si radessero i baffi, dicendo che si seccava a vederseli innanzi pelati come tanti ecclesiastici; e quando morì l’antico suo precettore, don Filippo Nocchi, lo fece seppellire in Sant’Ignazio, con una iscrizione, che termina così:

ANTONIUS— BONCOMPAGNIUS— LUDOVISIUS
plumbini. princeps
magistro. desideratiss.
cum lacrimis


Durante la sua assenza da Roma, le grandezze della casa non diminuirono. Le scuderie in piazza Poli seguitarono ad esser fornite di sedici cavalli; ogni giorno uscivano quattro equipaggi