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frati Domenicani che allora servivano la detta chiesa. Leonardo si era fatto degli Apostoli una idea conforme a ciò che ne dicono le sacre carte; molto studiò e molto ricercò, onde questi personaggi corrispondessero al suo divisamento; ma essendosi sfruttato rispetto alla espressione che diè loro nelle arie di testa, non trovò cosa abbastanza bella che lo appagasse, onde rendere i lineamenti e l’espressione del Divino Maestro; quindi lasciollo abbozzato per qualche tempo; raggiunse in ultimo il suo scopo.

L’espressione della figura di Cristo deve sempre essere caratterizzata dalla nobiltà astratta dei Simboli. Egli deve essere rappresentato come ce lo descrive il Vangelo. Parecchi pittori l’hanno rappresentato un Cristo progressivo ed umanitario; una serenità razionalista illumina la sua fronte; l’ironia filosofica, quella di Socrate, di lui precursore, sembra sfiorare le sue labbra. In Esso vedesi il tipo indeciso e nobile di una idea religiosa vagamente definita perchè credesi perfettibile. Lo non si può riconoscere per il figlio dell’uomo. Impossibile è la sua fronte; tutta la sua sostanza esprime una natura puramente simbolica. Questi artefici lo rappresentano, nelle grandi scene della sua vita e della sua passione, come un uomo che dubita e che sogna, — come s’egli stesso non fosse che un sogno di virtù e di perfezione. Leonardo comprese il Divino Legislatore, e il dipinse. Molti lo imitarono, e perpetuarono il tipo della più sublime fisonomia.

Invano Leonardo cercava in tutte le crocevie di Milano una fisonomia bastantemente caratterizzata da bassezza d’anima e da tradimento, che gli servisse di modello. Il priore del convento lagnossi al Gran-Duca, perchè l’artefice moltissimo tempo impiegava a finire un quadro i cui personaggi, all’eccezione di un solo, erano terminati. — Leonardo spiegò il motivo del ritardo: «La figura del priore mi converrebbe benissimo, diss’egli al Gran-Duca; ma non ho ardito chiederlo a modello nel proprio