Pagina:De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu/75


signori e signore 71


tant’è vero che si vantava francamente d’aver messo insieme un buon gruzzolo, e non parlava d’altro che di pesos e di patacones, con un certo giro inquietante della mano a ventarola, e con un accento di Basso porto, che trent’anni di parlata spagnuola non eran riusciti ad alterare. Del tenore sapeva poco: doveva avere una bella voce, ma un po’ di gatto scorticato: del resto, il solito pavone in corpo: fin dal primo giorno andava mostrando ai passeggieri un giornale logoro, con un articoletto di cronaca teatrale, in cui erano sottolineate le parole: quest’artista possiede la chiave del cuore umano; e quella chiave del cuore diceva l’agente che lo faceva pensare a quella di casa dei suoi uditori; ma si poteva anche ingannare. Credeva che stesse preparando un concerto vocale e istrumentale per la sera del passaggio dell’equatore. Conosceva meglio la signora bionda dalle calze nere, svizzera italiana, moglie d’un italiano, professore non sapeva di che a Montevideo: aveva fatto con lei il viaggio da Genova in America due anni prima. Una amabilissima creatura, buona come il pane, un cervello di passero, bella e ignorante come una dalia, una vera fanciullona di trent’anni, a cui la condizione degli uomini soli in un lungo viaggio di mare