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Sul rio de la Plata 419

angelica, che avevan visto tante volte in mezzo a loro, impietosita delle loro miserie, dolce con tutti come una sorella, e da cui tanti di essi avevan ricevuto conforti e benefizi: non s’intese un grido, ma un mormorio lungo di saluti, in cui parve che traboccasse tutto quello che le amarezze e i rancori d’un’esistenza travagliata avevan lasciato di buono e d’affettuoso in quella moltitudine. — Buon viaggio, signorina! — Dio la benedica! — Dio la faccia guarire!— Si ricordi di noi! — Buon viaggio alla nostra amica! — Addio! — Addio! — E sventolavano i cappelli e le pezzuole. Essa rispose con un saluto stanco della mano, e poi, con la mano stessa, alzando ancora una volta gli occhi velati e dolcissimi verso il suo amico, rifece quell’atto dell’indice, come per dirgli: — Ricordatevi!

Il vaporino era già lontano, e la sua figura spiccava ancora distintissima a poppa, come un fior nero in mezzo a un mazzo di vari colori confusi. Quando non apparve più che una macchietta nera piccolissima, si vide qualche cosa di bianco moversi sopra di lei: era lo sventolìo d’un fazzoletto. — Era per lui. — Gli diede uno sguardo. Ah! era troppo! Neppure in quel momento si scoteva! Ma nell’atto che dicevo questo