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Sul rio de la Plata 417

Ma nessuno, per delicatezza, volle scendere prima della signorina di Mestre, che si sapeva dover essere portata, e che ancora non s’era vista in coperta quella mattina. Il comandante, interrogato, scrollava il capo. Tutti stettero aspettando alla porta del salone, in due ali. Prima uscì il garibaldino che, pigliando per curiosità quell’aspettazione rispettosa, girò intorno uno sguardo sprezzante. Poi comparve la signorina, seduta sopra una seggiola a bracciuoli, portata da due marinai, e accanto la zia, con gli occhi rossi. La povera malata, vestita di nero, bianca come un cadavere, teneva la testa appoggiata sulla spalliera e le mani sulle ginocchia, come se non avesse più forza di moverle; ma nei suoi occhi che quasi non avevan più sguardo e sulla sua bocca da cui pareva che non uscisse più alito, errava ancora quel suo sorriso leggerissimo, d’una mestizia e d’una dolcezza infinita. Quando passò, tutti si scopersero, ed essa rispose con un movimento soave delle labbra, senza parola. I marinai si soffermarono vicino allo sportello della scala. Il comandante, tenendo il berretto in mano, la salutò, con quel laconismo secco con cui gli uomini burberi nascondono la commozione: — Buon viaggio, signo-

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