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cui si sfogavano da lontano le sue furibonde passioncelle compresse. — Ah la piccola Maria di Neubourg — esclamò l’agente, — regina delle gatte morte! — Ma già il vaporino s’allontanava. Quasi tutti ci salutarono con la mano. La signora grassa mandò un bacio al Galileo con un gesto impetuoso. Osservai ancora una volta il mio povero vicino di camerino, seduto in disparte dal figliuolo e dalla madre, per il quale cominciava una nuova vita di angoscia e di torture. E colsi a volo un curioso saluto della signora svizzera, la quale, non sapendo a chi rivolgersi particolarmente dei molti amici che la guardavan dal cassero, abbracciò con un largo e dolce sguardo di gratitudine tutta la poppa del Galileo. E l’ultimo che notai fu il professore, seduto accanto a lei, con la schiena arrotondata, sorridente con gli occhi socchiusi e la lingua a un angolo della bocca, in aria di beffarsi della moglie, degli amanti, dell’Atlantico, del vecchio continente e del nuovo. Poi tutti i visi si confusero e si perdettero ai miei occhi per sempre.

Un altro vaporino s’era avvicinato in quel frattempo, sul quale dovevano scendere gli argentini, la famiglia brasiliana e tutti gli altri.