Pagina:De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu/413


Sul rio de la Plata 409

di affetto e di diffidenza che quella gente m’aveva ispirati; ma che ora erano sopraffatti tutti quanti dal sentimento unico e profondo d’una pietà dolorosa e piena di tenerezza. E non finivan mai di passare, come se si fossero raddoppiati durante la notte. Ancora famiglie dietro famiglie, ragazzi dietro ragazzi, faccie di città e di campagna, dell’alta e della bassa Italia, figure di buona gente, di briganti, di infermi, d’asceti, di vecchi soldati, di mendichi, di ribelli, sempre più rapidamente correnti, come se gl’innalzasse il terrore di non arrivare in tempo in America a trovare la loro parte di terra e di pane. Oh l’interminabile miseranda sfilata! E l’immaginazione, come uno scherno, mi rappresentava ostinatamente, di là da quella miseria affannata, le baldorie patriottiche degli sfaccendati, dei benestanti o degli illusi, urlanti d’entusiasmo carnevalesco nelle piazze d’Italia imbandierate e splendenti. E provavo un senso d’umiliazione, che mi faceva sfuggire lo sguardo de’ miei compagni di viaggio stranieri, di cui mi giungevano all’orecchio come ingiurie al mio paese le esclamazioni affettate di compassione e di stupore. E intanto seguitavano a passar panni laceri, e canizie tristi, e donne sparute, e bimbi senza patria, e nudità, e vergogne e dolori. Lo spettacolo durò una mez-