furono di bellissimo tempo; ma giungendo la mattina del quarto allo stretto di Gibilterra, trovammo una nebbia fitta che non ci lasciò vedere nè la rocca, nè la costa di Spagna, nè quella d’Africa, e ci rese difficile il passaggio. Non difficile per la ragione che teneva inquiete molte donne della terza classe, le quali — mi disse il Commissario — immaginavano che il piroscafo si dovesse infilare in una specie di canale strozzato fra le rocce, dove non avrebbe potuto passare che scorticandosi, a rischio d’andare in pezzi, come le barche per l’apertura della grotta azzurra di Capri; ma perchè, a cagion della nebbia, e del gran numero di bastimenti che s’incontrano là, in quel vestibolo dell’oceano, dove si baciano quasi i due continenti, era molto facile un abbordo, che poteva mandarci tutti a fondo, senza lasciarci il tempo di recitar l’atto di contrizione. Fu quindi necessario di procedere con grandissima cautela. E allora si vide una scena mirabile, da cui si sarebbe potuto cavare un grande quadro, intitolato in genovese: — A fuffetta1 — solenne e comico a un tempo. Il Galileo andava innanzi lentissimamente dentro alla nebbia densa, che intercet-
- ↑ La tremarella.