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L'america 389

ninfestar l’impazienza: i piedi stropicciavano il tavolato, le mani tormentavano i ventagli, le teste s’agitavano, le conversazioni andavano pigliando una tinta verdognola, e non si dicevano contro il comando le sciocchezze piccose degli emigranti, ma si pensavano, e schizzavan dagli occhi di tutti.

A una cert’ora, la signorina s’alzò, appoggiandosi al braccio della zia, e tutt’e due, coi loro involti, si diressero verso le terze classi. Sulla piazzetta si unì a loro la cameriera veneta, che le aspettava, tenendo fra le braccia altre robe. Essendo quella l’ultima visita ch’essa faceva a prua, curioso di vedere, presi per la passerella delle seconde classi, e passando per il castello centrale, andai sul palco di comando.

Aveva forse scelto quell’ora per esser meno osservata, essendo tutta l’attenzione dei passeggieri rivolta all’orizzonte. Dal palco potei seguire con gli occhi tutti i suoi giri in mezzo alla folla, e fui maravigliato al vedere quanta gente conosceva, a quanti aveva fatto del bene in quei pochi giorni. Rimise al contadino malato di febbre e a sua moglie il frutto della colletta; diede roba a un’altra famiglia, vicino all’albero di trinchetto: ad altri porse biglietti e let-