signore sedute, rivolte a occidente; gli uomini facendo dei nastri pel cassero, eccitati. La signorina di Mestre stava al suo posto solito, tra il garibaldino e la zia, più pallida in viso, e più sfinita che gli altri giorni; ma non più triste; anzi più accesa e più vivente negli occhi, che non l’avessi mai vista, e con un’espressione di bontà straordinaria, che pareva una bellezza nuova che le fosse venuta, dopo il trabocco di sangue. Per la prima volta era vestita tutta di nero, e la chiarezza diafana delle sue carni pigliava da quel vestito un risalto che metteva sgomento, come una faccia viva che uscisse di sotto a un panno mortuario. Essa e la zia tenevan sulle ginocchia delle carte e dei piccoli involti di panni, che andavano raccomodando con la punta delle dita. C’erano pure la madre della pianista e la signora grassa, sedute alle due estremità opposte del cassero; la prima con la sua solita faccia di isterica, che mostrava i bei denti, con un’espressione di ferocia rincrudita; l’altra col suo faccione benigno, ridipinto di beatitudine alcoolica, come se avesse tutto dimenticato. Tutte le altre signore facevano coi loro vestiti chiari una macchia di colori allegri, come una filza di bandiere marine, spiegate in segno di festa. Ma anche lì si cominciava a ma-