Ma, dicendo questo, l’agente pensava ad altro, e pareva che stesse osservando una corrispondenza di sguardi fra due persone lontane della tavola. E infatti, dopo qualche minuto, gli intesi modulare a bassa voce il lungo grido di Amleto davanti al teatrino della reggia: — Oooòoo profetica anima mia! — E subito mi afferrò per il braccio e mi confidò all’orecchio la sua meravigliosa scoperta. — Guardi dunque, senza farsi scorgere, — mi disse poi. Ed io guardai, e non tardai ad accertarmi del fatto. Ogni due o tre minuti i begli ocelli azzurri e vuoti della signora bionda si fissavano per qualche momento sul comandante, e sul largo faccione rosso e burbero di costui balenava un lampo, un impercettibile sorriso mezzo nascosto dalle sopracciglia aggrottate e dai baffi ispidi, somigliante a un piccolissimo tratto azzurro apparente per lo squarcio d’un cielo nuvoloso, e subito ricoperto; ma gli occhi azzurri rifissandolo, lo squarcio si riapriva e l’azzurro si rimostrava; e non c’era il menomo dubbio: il gioco gentile si ripeteva regolarmente, c’era una intesa fra il capetto biondo e il testone rosso, la sirena aveva cantato, l’orso polare aveva dato ascolto, il Galileo s’era arreso. — Ah! ora capisco, — diceva l’agente, piccato, — perché