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Domani! 371

mondo non avrebbe saputo da che parte rifarsi per mettere un principio d’ordine e un barlume di luce. E il pensiero che pure molti di loro, dei più giovani, erano andati a scuola, e avevano imparato a leggere e a scrivere, mi faceva cascare le braccia. Qua e là, nei crocchi di famiglia, calcolavan le spese sulle dita. — Dunque, cinque per lo sbarco, tre all’osteria, mettiamo per il primo giorno.... — Più in là: — Vapurino pe Rrusario, quatto pezz’e mèza, tanto; nu muorz’e pane pe’ u viaggio, restano cinche ducate, senza cuntà ’e scarpe pe Ciccillo. — Sentii, fra l’altre cose, che correvan cattive notizie della signorina di Mestre, alla quale più d’uno contava di rivolgersi per aver consigli e raccomandazioni. Parlavano d’una caduta grave; alcuni la credevano addirittura moribonda; certe donne dicevano che era già morta, ma che lo tenevan segreto, perchè ci aveva colpa (in che modo non sapevano) il comandante. Il contadino di Mestre me ne domandò notizie ansiosamente. Tutta la sua famiglia s’era tornata a rincantucciare nell’antico posto, tra la stia e la botte, sotto una tenda di fasce stese ad asciugare, all’ombra delle quali il piccolo Galileo, rosso come un gambero, poppava come un vitello, tra le braccia della mamma sorridente. — Ah! povareta!