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326 sull'oceano

chi può! — e il disordine disperato d’un piroscafo che si sprofonda nell’abisso...

Nel punto stesso mi svegliò un forte rumore. Non so se avessi dormito tre ore o cinque minuti. Nel camerino brillava un raggio di sole, il rumore cresceva sopra il mio capo. Era un gridio di gente che si chiamava per nome, un suono di passi affrettati, un tramestio come all’annunzio d’un pericolo. Feci un salto fuori: da tutti gli altri camerini uscivano i passeggieri correndo, e si slanciavano su per le scale. Salii in coperta, mi trovai tra una folla. Guardai verso prua; quanto c’era di vivo nelle più profonde cavità del bastimento era sbucato fuori; un brulicame nero da un capo all’altro; tutti si gettavano contro al parapetto di destra, salivano sulle stie, sulle panche e sulle scale a corda, guardando il mare, io non vedevo nulla, un baluardo di schiene mi nascondeva l'orizzonte. Interrogai due che passavano: scapparono senza rispondere. Allora salii sul palco di comando... Ah! la benedetta apparizione! La divina cosa che vidi! Un piroscafo enorme e nero, imbandierato e affollato, veniva maestosamente verso di noi, fendendo il mare azzurro, sotto il cielo limpidissimo, con la prua alta e