perchè lo consideravano come uno sfregio fatto “alla principessa„, era da due giorni assediato di congratulazioni burlesche, come se fosse andato più innanzi di quanto era vero, e si può pensare fin dove; ed egli s’arrovellava, negava, s’addolorava. Finalmente, a una congratulazione più brutale dell’altre, gli aveva dato il sangue alla testa, e s’era messo a sprangar calci e pugni come un matto furioso; ma, poveretto, per aver la peggio, perché gli s’eran stretti intorno tre o quattro, e impedendogli le braccia e le gambe, gli avevano strofinata la faccia col cappello, ed era stato fortuna che potesse scappare nel dormitorio, col naso scoriato. Cercai la genovese: era al solito posto, che lavorava, bella e composta come sempre, ma con un’ombra di sdegno negli occhi; poiché oramai indovinava l’insolenza oscena dei discorsi e sentiva le occhiate d’odio che le vibravano d’intorno, e da due giorni il padre le faceva la guardia accanto, in piedi, risoluto a romper la testa a qualcuno. Ma il prurito alle mani l’avevan tutti. Ogni mezz’ora si formava un attruppamento intorno a due passeggieri che si mettevan le mani sul muso o si agguantavano per la cravatta. Quando la presenza d’un ufficiale impediva loro di venire alle