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La giornata del diavolo 315


fatto peggio che delle spostature. Perchè, insomma, eravamo noi che rubavamo loro tanta parte del piroscafo, ingombrando noi soli, tra men di cento, quasi altrettanto spazio di quello che occupavan essi, che erano un popolo; eravamo noi che ingollavamo tutti quei piatti fini, ch’essi vedevano passare sulla piazzetta due volte al giorno, e di cui ricevevano il fumo nel naso; e per noi correvano e s’affaccendavano tutti quei camerieri in vestito nero, mentre essi erano costretti a rigovernarsi le gamelle all’aquaio, e a tender la mano in cucina, come mendicanti. E in fondo erano scusabili. Noi avremmo guardato con egual dispetto... eguale! peggiore forse, una classe primissima, se ci fosse stata, di passeggieri milionari rimpinzati di fagiani e ubbriacati di Johannisberg. Essi erano stufi alla fine di quel lungo contatto forzato con l’agiatezza spensierata, di sentirsi come pigiati nella propria miseria, dentro a quella gran piccionaia piena di stracci e di cattivi odori. E non potendo picchiare noi, si picchiavan tra loro. Già la mattina alle otto s’eran presi a schiaffi e a calci i due contadini gelosi della negra, e il comandante’ li aveva mandati tutti e due alla gogna sul terrazzino del palco di comando, obbligandoli a star ritti, l’uno in faccia all’altro, coi nasi