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La giornata del diavolo 313

gnuolo da tre settimane. Che sorridessero non c’era che la signora argentina, vestita d’un bellissimo vestito verde carico, il cui colore si rifletteva come in uno specchio sul viso della madre della pianista; e la signorina di Mestre, che andava in giro con quel suo viso dolce e malinconico, e con un foglio tra le mani, a cercar oblatori a benefizio del contadino febbricitante, e di sua moglie, perchè non arrivassero in America senza panni e senza scarpe. Ed era una cosa che metteva pietà per lei e faceva sdegno il vedere con che facce fredde e quasi arcigne era ricevuta, e con che stento scortese, dopo molte parole, scrivevano la maggior parte il loro nome. Pochi parlavano, e questi pochi, si capiva dalle loro guardatacce oblique che dicevano corna di qualche cosa o di qualcheduno, con l’acrimonia della gente che ha i nervi sossopra. Intesi fra gli altri il mugnaio, il quale si lamentava che a bordo d’un piroscafo come quello si permettesse ai passeggieri di salire sopra coperta in pantofole; e accennava con gli occhi il prete napoletano, che strascicava coi piedi due vere gondole di Venezia, con cui giungeva alle spalle della gente inaspettato, come uno spettro: ciò che indispettiva più d’uno. L’impudenza di quel rinnegato mangiafarina mi