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l'oceano azzurro 279

quella timidezza bugiarda di santerelli. Il giorno dopo si sarebbe vendicato; li voleva perseguitare da poppa a prua come un aguzzino, senza lasciarli rifiatare un minuto, e farli diventar pavonazzi a ogni boccone, alla mensa. Che facce! Nulla di più insopportabile del settimo sacramento a bordo, quand’era fresco. Intanto gli toccava di galoppare. Ma non aveva perso il suo tempo. Uscendo dal camerino aveva visto sparire in fondo al corridoio traversale un fantasma bianco, e riconosciuto la signora svizzera; ma non gli era riuscito di scoprire dove si fosse rimbucata, non essendo possibile dall’argentino dell’occhialetto, perchè gli argentini s’eran tutti raccolti nel camerino del gaucho, di dove usciva un tintinnìo di calici, nè dal toscano, che da due sere andava a prua, dove pareva che avesse un rigiro. Sospettava del discendente degli Incas; ma aveva bisogno d’accertarsi. Quanto al professore, credeva che fosse sul cassero, ad aspettare una pioggia di stelle cadenti: quando la signora voleva sbrigarsene si lagnava del caldo, diceva che in due nel camerino si soffocava, e allora lui andava su a studiare le costellazioni. Certo che quel tegamaccio della cameriera genovese, che la notte stava sempre di guardia al crocicchio dei corridoi, non ci doveva star sol-