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l'oceano azzurro 277

aspettando il rumore d’una ceffata o il rantolo di lei afferrata alla gola. E intesi invece daccapo la voce di lui, ma umile e supplichevole, che pronunciò più volte un nome, “Attilio„, la voce di un uomo che si confessa vinto, che domanda grazia, che consente a tutto, purchè una cosa sola gli sia concessa. Attilio doveva essere un figliuolo, e suo padre uno di quegli uomini, spesso anche fortissimi di tempra, che l’affetto paterno rende pusillanimi, e tien curvi, con le braccia incatenate, sotto al flagello della donna che li può ferire a morte in quell’unico affetto. Non mi parea possibile che a quella supplicazione miseranda non rispondesse la voce della moglie impietosita, e tesi l’orecchio.... Non udii risposta. Scricchiolarono le assicelle d’una cuccetta: la signora si era coricata, senza rispondere. Allora sentii come il rumore d’una mano che frugasse violentemente dentro a una valigia, e mi passò pel capo che egli cercasse una rivoltella. Ma lei continuava a tacere. Quel disgraziato non aveva neppure più il conforto d’essere creduto capace d’un atto di disperazione. Mentre stavo ansioso, aspettando il colpo, s’affacciò un uomo al mio camerino, e al chiarore incerto del lume a bilico riconobbi l’agente.