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l'oceano azzurro 269

lambisca le onde. E va senza posa, nella nebbia, nelle tenebre, contro il vento, contro l’onda, con un popolo sul dorso, con cinquemila tonnellate nel ventre, dall’uno all’altro mondo, guidato infallibilmente da una piccola spranghetta d’acciaio che può servire a tagliare i fogli d’un libro, e da un uomo che fa girare una ruota di legno con un leggero sforzo delle mani. Noi ricorriamo col pensiero la storia della navigazione, e risalendo dal tronco d’albero alla zattera, dalla piroga alla barca a remi, e su su per tutte le forme della nave ingrandite e fortificate dai secoli, ci fermiamo dinanzi a quella forma ultima per raffrontarla alla prima, e il cuore ci si gonfia d’ammirazione, e ci domandiamo quale altra opera meccanica più maravigliosa abbia compiuto la razza umana. Più maravigliosa dell’oceano che essa rompe e divora, e alla cui minaccia continua risponde collo strepito infaticato dei suoi congegni: — Tu sei immenso, ma sei un bruto; io son piccolo, ma sono un genio; tu separi i mondi, ma io li lego, tu mi circondi, ma io passo, tu sei strapotente, ma io so.

Ah! povero orgoglio umano! Mentre ero su quei pensieri, corse un brivido da poppa a prua,