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222 | sull'oceano |
volesse afferrare la terra. Ma ci maravigliammo assai di più quando, a un cenno del comandante. voltandoci, vedemmo altri otto raggi sterminati dalla parte opposta, riflesso dei primi, meno luminosi, ma sfumati delle stesse tinte, che parevano l’albore d’un sole sconosciuto che sorgesse dalle acque, appena l’altro s’era nascosto. E il mare luccicava di tutti i colori del cielo, che pareva vi galleggiassero miliardi di perle.
Quell’animale d’un avvocato, — egli solo, — non guardava nulla; anzi voltava le spalle al tramonto, e non alzava il viso verso il riflesso, come per far dispetto alla natura: per lui il sole che discendeva nel mare era un sole odioso, per riverbero della cattiva compagnia che frequentava. In mezzo al silenzio ammirativo di tutti, egli si lamentava stizzosamente col Secondo della trascuranza cri-mi-no-sa delle società di navigazione, che non si tenevano al corrente dei progressi dell’arte del salvataggio. Ottanta su cento dei naufraghi, diceva, s’annegano, crepano, per colpa di chi li imbarca. Perchè le società non mettevano sui piroscafi il numero prescritto di salvavite? Perchè non ci avevano che dieci lance, che bastavano appena a sal-