seguite dai mariti e dai testimoni, a chieder giustizia. E allora avevan luogo processi e dibattimenti in tutte le regole. Si trattava d’un fazzoletto a cui la ladra aveva levato la marca, d’uno stivaletto a cui era stata strappata la fettuccia col nome del calzolaio. L’accusata negava, invocando Gesù e la Madonna; la derubata s’incocciava, tirando giù il resto del calendario: bisognava chiamar due perite che esaminassero la marca sfatta, o un ciabattino per lo stivaletto. Ma la piemontese rifiutava le perite napoletane, la napoletana non le voleva dell’alta Italia, i mariti pigliavnn le parti delle mogli, i testimoni e i curiosi tenevan ciascuno dalla sua provincia. Erano contestazioni interminabili tra montanare testarde che ripetevano cento volte la stessa ragione con la medésima frase, e pianigiane linguacciute che vomitavano torrenti di parole. Spesso anche non si capivan tra loro e bisognava nominare un interprete. Altre volte si doveva ordinare una perquisizione delle robe. Le accusate si mettevano a piangere, i bambini a frignare, i mariti a minacciarsi. — Ci rivedremo a terra, canaglia! — Ti caccerò nelle caldaie della macchina io, pendaglio da forca! — Darò le tue budella ai pesci, nato d’un cane! — Una donna