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cinquanta giorni. E più curiosa era la loro condizione rispetto alle proprie famiglie. Il Secondo ci divertì molto, spiegandoci col bicchiere alla mano, come avendo moglie da un anno e mezzo, gli pareva ancora d’essere sposo dal mese avanti. Partito da Genova dopo otto giorni di matrimonio, non aveva più visto sua moglie che a intervalli di due mesi, e per così brevi tratti di tempo, che fra loro non era potuta nascere familiarità; di modo che, ad ogni arrivo, egli era ancora ricevuto con un poco della commozione della prima volta, e trattato con una certa gentilezza rispettosa e imbarazzata, quasi come un estraneo: ciò che manteneva immobile all’orizzonte la luna di miele. Ed egli stesso ci mostrò il ritratto di sua moglie con l’aria di chi fa vedere in confidenza la fotografia d’una signorina con la quale ha avviato delle trattative. — Type genois! — gli disse il marsigliese, guardandola. — È di Palermo, — quegli rispose. — Pas possible! — Ah! che risata! Una tal risata che questa volta egli dovette fingere d’aver ribattuto per celia.


Tutti erano allegri, quantunque il comandante avesse fatto sentire che non voleva la farsa d’uso, di battezzare con le caraffe chi pas-