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il dormitorio delle donne 195


La signorina osservò che aveva gli occhi rossi, e pensando che avesse pianto, domandò al Commissario se ne sapesse il perchè.

Lo sapeva, e raccontò. Da quel viperaio di odi che da vari giorni le fischiava attorno, s’era finalmente rizzata una testa che l’aveva morsa nel cuore. Riscendendo quella mattina nel dormitorio, dopo aver accompagnato in coperta il fratello, aveva trovato una folla di donne davanti alla sua cuccetta, dov’era attaccata con mollica di pane una striscia di carta, strappata da un giornale sporco, sulla quale erano scarabocchiate a matita, in grossi caratteri, una decina di parole. Appena letto, s’era messe le mani sul viso, e aveva dato in uno scroscio di pianto. Erano una decina di aggettivi nudi e crudi, che si possono immaginare, ma non scrivere. Allora le donne, che pure non avevan pensato a strappare il foglio, s’eran date a consolarla, a modo loro; e una di esse, d’incarico d’una terza, le aveva soffiato all’orecchio il nome della colpevole, una cialtrona, una fetente, che aveva attaccato quella sudiceria di scappata, in un momento che nel dormitorio non c’era quasi nessuno, non tanto alla svelta, però, da non esser veduta da un ragazzo, il quale parea che dormisse, e vegliava, per rifischiar