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l'oceano giallo 155


trice„ che pareva li stuzzicasse con degli scherzi imbarazzanti, cullando sopra una poltrona a bilico la sua mal dissimulata sbornietta d’estratti d’erba. E ogni cosa dominava col suo sguardo acuto di poliziotto l’agente di cambio, appoggiato all’albero di mezzana, con le braccia incrociate sul petto, nell’atto d’un uomo che aspetta un avvenimento. Tutti gli altri, ritti o seduti a due a due, discorrevano alla stracca, tirando sbadigli a canto fermo; e il mar giallo e flaccido faceva degno fondo a tutte quelle facce pettegole e sonnolente. Tra i moltissimi quadretti, cancellati gli uni dagli altri, che presentò il cassero durante il viaggio, non so perchè, mi rimase vivo nella memoria, dipinto a color di mota, quello di quel giorno e di quel momento.

A un dato punto, il quadro prese vita, e la pittura si cangiò in scena di commedia. Il toscano piantò la compagnia, quasi bruscamente, e se n’andò difilato verso prua, con un disegno sul viso, come di rappresaglia amorosa; e un minuto dopo la signora svizzera e il tenore si separarono: questi si mise a seder in disparte e finse di leggere un libro; quella si diresse verso il marito, da cui l’argentino s’allontanò subito, facendo a lei un saluto diplomatico. L’agente