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nel golfo di leone 11

e il canto era tagliato dalle voci sommesse e fischianti di due cameriere che leticavano nel corridoio, a proposito d’una picaggietta (un asciugamani). Tesi l’orecchio: bastarono poche parole a persuadermi che se una donna al mondo può tener testa a una cameriera genovese, quella non può essere che una cameriera veneziana. Un cameriere entrò nella cabina col caffè. La prima mattina si osserva tutto. Era un giovinetto bellino e spiacevole, coi capelli impomatati che colavano, pieno di rispetto per sè stesso, e sorridente alla propria bellezza come un attore vanitoso. Domandato come si chiamasse, rispose: — Antonio — con modestia affettata, come se quell’Antonio fosse il falso nome di un duchino, travestitosi da cameriere per un’impresa amorosa. Uscito lui, uscii anch’io, appoggiandomi alle pareti, e svoltando nel corridoio principale, vidi la schiena del gigantesco prete della sera avanti, che rientrava nella sua cabina, e un passo più in là, per lo spiraglio d’un uscio, proprio nel punto che ricadeva la cortina verde, due mani bianche che tiravano una calza di seta nera sopra una bellissima gamba. I passeggieri erano ancora quasi tutti nei loro camerini, dove si sentiva sbatter l’acqua nelle catinelle, e un gran fruscio