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136 | sull'oceano |
John Fitch, il marchese di Jouffroy ridotto alla miseria, il Fulton beffeggiato, il Sauvage impazzito, una sequela interminabile d’ingiustizie e di lotte miserande, da lasciare in dubbio, leggendo la storia delle grandi invenzioni, se basti l’esempio del genio e della costanza eroica di chi le fece, a consolare la coscienza umana dell’ignoranza caparbia, della cupidigia feroce, dell’invidia infame che le ha combattute, e che, potendo, le avrebbe uccise. Tutto questo dice con le sue cento voci aspre e affannose quel colosso mirabile, destinato forse anch’esso a parere ai nostri nipoti lontani un rozzo e debole apparecchio di principianti.
Risalendo, incontrai sulla sommità della scala il grande prete, il quale, accennandomi con una mano la macchina, mi rizzò l’indice dell’altra davanti al viso, come un cero. Non capii. Voleva dirmi che la macchina del Galileo era costata un milione. Lo ringraziai, scansando il dito, e mi ritrovai sopra coperta a tempo giusto per vedere per la prima volta il mio Commissario nell’esercizio delle sue funzioni di pretore, e in una causa curiosissima. Entrava in quel momento nel suo ufficio la grossa bolognese di prua, con una faccia di leonessa ferita, e col suo inseparabile borsone a tracolla.