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sul tropico del cancro |
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sero fatte di carne lessa. Fra i più martoriati, trovai il genovese, che stava affacciato all’osteriggio della macchina, con un viso su cui non appariva più nemmeno un riflesso moribondo d’intelligenza. — Che cosa fa qui? — gli domandai; — come non è in cucina? — N’erà uscito allora; nessuna novità. I tagliatelli! domani...forse; ma non era accertato. E mi spiegò perchè stesse là a guardare per lungo tempo il movimento monotono di un’asta di stantuffo; una teoria sulla noia, sua personale. — Ho osservou, diceva, che la noia deriva dal non poter fare a meno che pensare a cose spiacevoli. Dunque, per scacciar la noia, non c’è altro rimedio che di non pensare, come le bestie. Ebbene, io mi metto qui, immobile, a guardare il saliscendi di quello stantuffo. A poco a poco, in meno di venti minuti, mi riduco in uno stato di completo istupidimento, un vero asino; allora non penso più a niente e non mi annoio più. No gh’è atro.— Io diedi in una risata; ma egli rimase serio, e tornò a guardar lo stantuffo con l’occhio dilatato e fisso d’un morto. Stavo per dirgli che, per cacciar la noia, sarebbe stato meglio discendere addirittura a veder la macchina; ma parendomi che si trovasse già quasi nello stato desiderato, me ne astenni. E discesi io.