alla colazione di quella mattina non riuscì neppur lui a rallegrare i commensali, che sentivano i primi influssi del tropico, e la cui musoneria stonava lepidamente con le vesti chiare e coi panciotti bianchi che quell’estate improvvisa aveva fatti apparire. Solo per qualche minuto egli ci ricreò con una discussione sulle teorie malthusiane, nella quale lo tirarono per celia gli argentini, e principalmente intorno al vecchio quesito, se l’emigrazione sia un rimedio sufficiente al troppo rapido accrescersi della popolazione d’un paese. Digiuno affatto del Malthus, ma cocciuto a mostrarsi al fatto di tutto, egli sosteneva avventatamente che l’emigrazione spopolava gli Stati, che l’Europa, fra cent’anni, sarebbe stata mezza deserta, con gli orsi e i lupi alle porte delle capitali. Gli altri affermavano di no: locuras! (pazzie): in tutti i paesi le nascite superando le morti, non solo, ma nei paesi abbandonati moltiplicandosi più facilmente la specie per effetto dell’agevolazione dei matrimoni, prodotta da una più favorevole proporzione tra i mezzi di sussistenza e il numero degli abitanti, ne seguiva che i vuoti fossero sempre colmati, ad esuberanza. La prova era che nei paesi donde più si emigra non si esperimenta, alla lunga, una diminuzione sensibile di miseria. — Pas pos-