gli dissi — che abbiamo un buon mare. — Ah! mi faccia il favore — , rispose andandosene — ; un buon mare! In mano d’un’ora potremmo esser tutti inginocchiati a raccomandarci l’anima! — In quel punto sopraggiunse l’agente di cambio a darmi parte d’una scoperta. Quella signora grassa, col viso rosso, seduta lì vicino, che la mattina era sempre di cattivo umore, e la sera tutta espansiva? Era svelato il mistero. Beveva come un tegolo. Si diceva che fosse una domatrice, e che avesse il serraglio al Chili. Positivamente: aveva nella cabina una vera bottega di liquori dolci, d’ogni paese e colore, che sorseggiava dal mezzogiorno in poi, senza interruzione, in una collezione di piccolissimi bicchierini, fattisi fabbricare apposta, veri uccelli mosca della cristalleria, con cui cercava di dissimulare a sè medesima il suo vizio. Lo aveva saputo dalla madre della pianista. Lei e la sua cameriera pigliavano una mezza cotta insieme ogni sera, regolarmente, e quando erano a punto, attaccavano discorso col primo venuto, dicendo delle stramberie dell’altro mondo. Sotto i calori, se ne sarebbero intese. In quel momento essa stava discorrendo con un passeggiero di alta statura, a cui non avevo mai fatto molta attenzione: una figura di vecchio gira-