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rancori e amori 105


dino avvicinarsi e sedere accanto alla nipote, salutando rispettosamente, ma con un atto che rivelava una conoscenza di vari giorni. Era la prima volta che lo vedevo in colloquio con un’anima nata. In che maniera potevano aver fatto relazione? La signorina diceva qualche parola ogni tanto, girando gli occhi chiari e lenti sull’orizzonte, ed egli l’ascoltava, in un atteggiamento di accondiscendenza e di rispetto, fissando il tavolato. M’immaginai fin da quel primo momento che il soffio leggero che usciva da quella bocca pallida dovesse risuscitare a poco a poco nell’anima di quell’uomo gli affetti morti e sepolti; ma, per allora, non ne appariva alcun indizio sul viso di lui, acre, malgrado l’espressione rispettosa, e immobile. Stava leggendo, dall’altra parte del sedile, la mia vicina di camerino, vestita con troppo sfoggio per un piroscafo; ma il movimento irrequieto dei suoi piccoli piedi senza collo, dava a vedere che non seguiva la lettura col pensiero. La battaglia della mattina, peraltro, non aveva cacciato dalla sua bocca il solito sorriso nervoso, il quale tradiva una forza indomabile nella lotta domestica, la capacità di sforacchiare a colpi di spillo il cuore o il cervello d’un marito per trent’anni filati. Che ci poteva mai esser fra loro? Un “malin-