Pagina:De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu/105


rancori e amori 101


si vantava di conoscere a fondo l’Italia, e parlava un italiano da far scappare i pescicani. Ma il più lepido era questo, che non avendo mai avuto in Italia, come si capiva dai suoi discorsi, altro che avventure da canti di strada, parlava in cattedra del bel sesso italiano, facendo mille sottili distinzioni fisiologiche e psicologiche, alla Stendhal, fra le signore delle nostre città grandi, come se avesse fatto i suoi studi sul fiore di tutte le aristocrazie, in qualità di Ambasciatore di Francia. Del resto, un modo di ragionare in tutte le cose, assai comune fra i francesi della piccola borghesia, a scappatoie e frasi fatte, delle quali si potrebbe considerare come tipo la seguente, opposta da lui a un argentino, che diceva la birra nociva: — J’ai assistè à l’enterrement de bien des gens qui n’en buvaient pas. Ma il suo forte erano le avventure galanti, ch’egli raccontava così tra la burla e la vanteria, con dei gesti da attore, stando in piedi, e che terminava sempre facendo un frullo con le dita e una piroetta sopra un tallone, per ripiantarsi in faccia all’uditore con un: — Et voilà! — come un giocoliere che vuol l’applauso.

Quella mattina appunto egli e il suo collega, che gli sedeva di fronte a tavola, ci rallegrarono tutti con una discussione, non so come