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che spargiamo alle quattro plaghe dei venti, e alla tratta miseranda dei fanciulli, e ad altre cose, provavo un senso d’invidia amara per tutti coloro che possono girare il mondo senza trovare in ogni parte miserie e dolori del proprio sangue.

Ma a raddolcire ogni amarezza, il buon Dio aveva messo a bordo due commessi viaggiatori francesi. Uno era parigino, un buon giovane, benché un poco lezioso; ma una faccia, poveretto, che mi pareva d’averla vista per la prima volta in un’opera illustrata del Darwin, al capitolo delle catarrine. L’altro l’ho già accennato: era un marsigliese di cinquant’anni, con un busto di Patagone e le gambe corte, di cui una arcata, che strascicava; e aveva una faccia di Napoleone I gonfiato, d’una gravità che faceva parere doppiamente buffe le continue e grosse corbellerie che gli uscivan di bocca. Si spacciava per corrispondente commerciale del Journal des Débats; ma non ci credeva nessuno; e si piccava di letteratura, citando a ogni proposito un libro solo, che era il suo vangelo, e di cui certo non aveva mai letto che il titolo; il dizionario del Littré, un ouvrage qui restera dans les siècles. Oltre di ciò