Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
burgos. | 73 |
case e di viottole serpeggianti, per le quali si vede qualche gruppo di contadini, avvolti nei loro scialli variopinti, qualche somarello, qualche carro. Più oltre non sono che vaste pianure ondulate, nude, aride, senza un albero, senza una casa, senza un sentiero; ove non si vede che di miglio in miglio un armento, un pastore, una capanna; e qualche piccolo villaggio, composto di casuccie color terraceo, basse, che quasi si confondono col suolo; piuttosto gruppi di capanne, che villaggi, vere immagini di miseria e di squallore. L’Ebro serpeggia a grandi curve lungo la strada, ora vicino, che par che il treno ci si vada a tuffare, ora lontano, come una striscia d’argento, che appare e dispare fra le gobbe del terreno e i cespugli delle sponde. Lontano si vede una catena di monti azzurri, e al di là le cime bianche dei Pirenei. Presso Tudela si scopre il canale; dopo Custejon la campagna verdeggia; e via via, le pianure aride si alternano cogli oliveti, e qualche striscia di verde vivo rompe qua e là il giallognolo secco dei campi abbandonati. Sulle cime dei colli lontani si vedon rovine di castelli enormi, sormontate da torri tronche, spaccate, corrose, simili a grandi moncherini di giganti prostrati che minaccino ancora.
A ogni stazione della strada ferrata comprai un giornale; prima d’arrivare a metà viaggio n’avevo un monte: giornali di Madrid e d’Aragona, grandi e piccini, neri e rossi; nessuno, sfortunatamente, amico di Don Amedeo. E dico sfortunatamente, perchè, a legger quei giornali, c’era da cadere in tentazione