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saragozza. | 57 |
alberghi e sulle strade ferrate. Chi sa come sarà andata a finire!
Entrando nella mia camera, domandai al cameriere chi fossero due cosi che avevo osservato fin dalla sera prima, appesi alla parete, che mostravano d’aver non so qual pretensione di passare per due ritratti. “Caramba!” mi rispose “nada menos que los hermanos Argensola,” aragonesi, nativi di Barbastro, “dos de los mas afamados poetas de España!” (Afamados per chi non lo sappia non vuol dire famelici, ma famosi.) E furono tali davvero i due fratelli Argensola, due veri gemelli letterarii, che ebbero la stessa indole, studiarono le stesse cose, scrissero nel medesimo stile, puro, sobrio, forbito, facendo argine con tutte le loro forze al torrente del cattivo gusto che cominciava ad invadere, ai loro tempi, sulla fine del secolo decimosesto, la letteratura spagnuola. L’uno morì a Napoli, segretario di Stato del Vicerè, l’altro a Tarragona, prete; e lasciarono tutti e due una fama onorata e cara, alla quale il Cervantes e il Lopez de Vega apposero lo splendido suggello della loro lode. I sonetti degli Argensola sono annoverati tra i più belli della letteratura spagnuola, per argutezza di pensiero e nobiltà di forma; e poichè ve n’è uno, di Lupercio Leonardo, che si sa a memoria da tutti e del quale i ministri citano spesso la chiusa per rispondere alle magniloquenti filippiche degli oratori della sinistra; lo metto qui colla speranza che potrà servire a qualcuno dei lettori per rimbeccare