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46 | saragozza. |
enormi e le travi fumanti, sotto una tempesta di palle, di mitraglia e di sassi; ecco i trivii, le piazzuole, gli angiporti oscuri, dove si combatterono le orrende battaglie corpo a corpo, a colpi di baionetta, a pugnalate, a falciate, a morsi; le case asserragliate, difese stanza per stanza, tra le fiamme e il rovinío; le anguste scale che corsero sangue, i tristi cortili che echeggiarono di grida di dolore e di disperazione, che furon coperti di cadaveri sfracellati, che videro tutti gli orrori della peste, della fame, della morte!
Di strada in strada riuscii davanti alla chiesa di Nuestra Señora del Pilar, la terribile Madonna, alla quale veniva a chieder protezione e coraggio la squallida folla dei soldati, dei cittadini, delle donne, prima d’andar a morire sulle breccie. Il popolo di Saragozza ha conservato per essa il fanatismo antico, e la venera con sentimento particolare di amoroso terrore, vivo anche nell’animo della gente alla quale è straniero ogni altro sentimento religioso. Però da quando entrate nella piazza, e alzate gli occhi verso la chiesa, fin al momento che, andando via, vi voltate a guardarla per l’ultima volta, badate a non sorridere, o a fare per distrazione un atto qualunque che possa parere irriverente; chè c’è chi vi vede, e vi tien d’occhio, e all’occorrenza vi segue. E se in voi è morta la fede, preparate l’animo, prima di varcare la soglia sacra, a un confuso risvegliarsi dei terrori infantili, chè poche chiese al mondo hanno