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saragozza. 45

col suo colore; e mi par di respirare quell’aria, tanto son vive le immagini; e ripeto quello che dissi allora: — Questa piazza è tremenda. — Perchè? non lo so; sarà stata un’illusione mia; segue delle città come dei volti, che ciascuno ci legge a modo suo; le strade e le piazze di Saragozza mi fecero codesto senso; ad ogni svoltata, dicevo: — Questo luogo par fatto per combattervi; — e guardavo intorno, come se ci mancasse qualcosa: una barricata, le feritoie, i cannoni. Riprovavo tutta la profonda commozione che m’avevan data i racconti dell’orribile assedio, e vedevo proprio la Saragozza del 1809, e correvo di strada in strada con una curiosità crescente, come per trovare le traccie di quella lotta titanica che ha atterrito il mondo. Qui, pensavo, accennando a me stesso la via, dev’esser passata la divisione Grandjean, di là sboccò forse la divisione Musnier, di costì si sarà lanciata al combattimento la divisione Morlot; avanti, fino alla cantonata: mi pare che qui sia seguito l’assalto dei volteggiatori della Vistola; ancora un giro: qui fecero impeto i volteggiatori polacchi; laggiù furon trucidati trecento spagnuoli; in questo punto scoppiò la gran mina che fece saltar in aria una compagnia del reggimento di Valenza; in quell’angolo morì il generale Lacoste colpito da una palla nella fronte. Ecco le strade famose di Santa Engracia, di Santa Monica, di Sant’Agostino, per le quali i Francesi s’avanzarono verso il Coso, di casa in casa, a furia di mine e di contrammine, tra i rottami dei muri