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valenza. 481


occhi del mondo, si desidera un palazzo di marmo per accogliervi dame e cavalieri che vengano a renderle omaggio.


A sentir gli altri Spagnuoli, il popolo Valenziano è feroce e crudele oltre ogni immaginazione. Chi vuol disfarsi d’un nemico, trova l’uomo servizievole che, per pochi scudi, s’incarica della bisogna colla indifferenza con cui accetterebbe la Commissione di portare una lettera alla posta. Un contadino valenziano che si trovi ad avere il fucile tra le mani mentre passa uno sconosciuto per una strada solitaria, dice al compagno: — Voy à ver si acierto, — (Vediamo se tiro giusto,) e piglia la mira e spara. Si racconta questa che, da quanto mi fu assicurato, è storica e seguì non molti anni sono. Nelle città e nei villaggi della Spagna i ragazzi ed i giovanotti del popolo soglion giocar fra loro, com’essi dicono, ai tori. Uno fa il toro e dà le capate; un altro, con un bastone stretto sotto l’ascella, a modo di lancia, portato a cavalluccio da un terzo che rappresenta il cavallo, respinge gli assalti del primo. Una volta una brigata di giovani valenziani pensarono di far questo gioco con qualche novazione che gli desse un po’ più di somiglianza alle vere cose dei tori, e procurasse agli spettatori e agli artisti un po’ più di emozione che i giuochi consueti; e la novazione fu di sostituire al bastone un lungo coltello aguzzato e affilato, una di quelle formidabili navajas che abbiamo viste a Siviglia e di darne all’uomo che fa-