la governassimo noi, e tutti i suoi interessi fossero nelle nostre mani.» Così è, e così m'avvenne. In quei pochi giorni era naufragato il Ministero conservatore, e i radicali avevano il vento in poppa; la Spagna era tutta in ribollimento; cadevano governatori, generali, impiegati di tutti i gradi e di tutte le amministrazioni; una folla di gente nuova irrompeva negli uffizi dei ministeri gettando grida d'allegrezza; lo Zorilla doveva inaugurare un'èra nuova di prosperità e di pace; Don Amedeo aveva avuto un'ispirazione dal cielo; la libertà aveva vinto; la Spagna era salva. Anch'io, sentendo suonar la banda dinanzi alla casa del nuovo governatore, sotto un bel cielo stellato, in mezzo al popolo allegro, ebbi un barlume di speranza che il trono di Don Amedeo potesse finalmente allargar le radici, e mi rammaricai d'essere stato troppo facile a pronosticar male. E quella commedia che rappresentava lo Zorilla nella sua villa quando non voleva a nessun costo accettare la presidenza del Ministero, e rimandava indietro amici e deputazioni, e finalmente, spossato dal continuo dir di no, cadeva in deliquio dicendo di sì, mi dava, allora, un alto concetto della fermezza del suo carattere, e mi induceva a bene augurare del nuovo Governo. E dicevo tra me ch'era un peccato partir dalla Spagna allora che l'orizzonte si faceva azzurro e il palazzo reale di Madrid si tingeva di color di rosa. E già ventilavo il disegno di tornare a Madrid per goderci la soddisfazione di poter mandare in Italia delle notizie consolanti, le quali m'avrebbero