Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/470

464 granata.


d’affamati, mi alitavan nel viso, mi mozzavano il respiro. Eran la più parte seminudi, macilenti, colle camicie che cadevano a brani, coi capelli scarmigliati e polverosi, orribili a vedersi; mi pareva d’esser Don Rodrigo in mezzo alla folla degli appestati in quel famoso sogno della notte d’agosto. Che vuole questa gente? mi domandavo; dove mi son lasciato condurre? Come uscirò di qui? Provavo quasi un senso di paura e guardavo intorno con inquietudine. A poco a poco cominciai a capir qualcosa.

— Io ho una piaga in una spalla, — mi diceva uno; — non posso lavorare; mi dia qualche soldo.

— Io ho una gamba rotta, — diceva un altro.

— Io ho un braccio paralitico.

— Io ho fatto una lunga malattia.

Un cuarto, señorito!

Un real, caballero!

Una peceta para todos!

Quest’ultima voce fu accolta con un grido generale d’approvazione: — Una peceta para todos! (Una lira per tutti).

Tirai fuori, con un po’ di trepidazione, il portamonete; tutti si alzarono sulla punta dei piedi; i più vicini ci misero il mento dentro; quei di dietro misero il mento sulla testa dei primi; i più lontani stesero le braccia.

"Un momento," gridai; "chi è fra tutti voi altri colui che ha più autorità?"

Tutti ad una voce, tendendo le braccia verso una sola persona, mi risposero: "Esta!"