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460 granata.


vecchia. Lavoravano tutte intorno a una gran pezza di panno a striscie nere e bigie, che mi parve un tappeto o una coperta da letto. Mi avvicinai e domandai a una delle cucitrici: "Que es esto?"

Alzaron tutte la testa e con un movimento concorde spiegarono il panno in modo che potessi veder bene il loro lavoro. L’avevo appena visto, che gridai: — "Lo compro."

Si misero tutte a ridere. Era un mantello da montanaro andaluso, fatto per portarsi a cavallo, della forma d’un rettangolo, con un’apertura nel mezzo per farci passar la testa, ricamato in lana di vivi colori lungo i due lati più corti, e intorno all’apertura. Il disegno dei ricami che rappresentano uccelli e fiori fantastici, verdi, azzurri, bianchi, rossi e gialli, tutti in un mucchio, è rozzo, come lo potrebbe fare un bambino; la bellezza del lavoro è tutta nella veramente meravigliosa armonia dei colori. Non saprei esprimere la sensazione che produce la vista di quel mantello, se non dicendo che ride, e che desta allegrezza; e che mi pare impossibile l’immaginare nulla di più gaio, di più festivo, di più fanciullescamente e graziosamente capriccioso. È una cosa da guardare quando s’è di malumore per rasserenarsi, o quando si vuol scrivere una strofa gentile per l’albo d’una signora, o quando s’aspetta una persona che si vuol ricevere col più piacevole dei nostri sorrisi.

"Quando saranno finiti questi ricami?" domandai a una delle ragazze.