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428 granata.


di quercie, di pioppi, sparsa di foltissimi boschetti d’aranci, che a tanta lontananza non paion più che cespugli, e di grandi orti e giardini così affollati di alberi fruttiferi che presentano quasi l’aspetto di poggerelli vestiti di verzura; e a traverso questa immensa pianura il fiume Genil che luccica fra i boschi e i giardini come un gran nastro inargentato; e tutto intorno colline boscose, e di là dalle colline, altissime roccie di fantastiche forme che rendon l’immagine di una cinta di muri e di torri titaniche che separi quel paradiso terrestre dal mondo; e lì proprio sotto gli occhi, la città di Granata, parte distesa sul piano, parte sulla china d’un colle, tutta sparsa di gruppi d’alberi, di macchie, di mucchi informi di verzura che s’alzano e ondeggiano sopra i tetti delle case come enormi pennacchi, e par che tendano ad espandersi, a congiungersi e a coprir la città intera; e più sotto ancora, la valle profonda del Dauro, meglio che coperta, riempita, colmata quasi da un cumulo prodigioso di vegetazione che si solleva come una montagna, oltre la quale emerge ancora un bosco di pioppi giganteschi che agitano le cime sotto le finestre della torre quasi a portata della mano; e a destra, di là dal Dauro, sur una collina che s’alza al cielo ardita e svelta come una cupola, il palazzo del Generalife, coronato di giardini aerei, e quasi nascosto in mezzo a un bosco di allori, di pioppi e di melagrani; e dalla parte opposta, uno spettacolo meraviglioso, una cosa incredibile, una visione d’un sogno: la Sierra Nevada, le più alte montagne d’Europa, dopo le Alpi, bianche