A un tratto s’interruppe, e gridò: “Beretina!” Tutti i ragazzi cavaron di tasca la berrettina rossa catalana e gettando alte grida d’allegrezza, se la misero in testa, chi tutta indietro che gli cascava sulla nuca, chi tutta avanti, che gli copriva la punta del naso; e il prete a far degli atti di disapprovazione; e allora quei che l’avevan sulla nuca a tirarsela sul naso, e quei che l’avevan sul naso a tirarsela sulla nuca; e lì risa, esclamazioni, e battìo di mani. Mi avvicinai a uno dei più monelli, e così per celia, certo che sarebbe stato come dire ai muri, gli domandai in italiano: “È la prima volta che vai a fare una passeggiata al Montserrat?” Il ragazzo stette un po’ pensando, e poi rispose adagio adagio: “Ci so-no già sta-to altre volte.” — “Ah! caro bimbo!” gli gridai con una contentezza difficile a immaginarsi; “e dove hai imparato l’italiano?” Qui il prete prese la parola per dirmi che il padre di quel ragazzo aveva vissuto parecchi anni a Napoles. Mentre io mi volto verso il mio piccolo catalano per attaccar discorso, un maledettissimo fischio, e poi un maledettissimo grido di: — Olesa, — che è il villaggio dal quale si va al monte, mi taglia la parola in bocca. Il prete mi saluta, i ragazzi si precipitano fuori, il treno riparte. Io misi la testa fuor del finestrino per salutare il mio piccolo amico: “Buona passeggiata!” gli gridai, e lui spiccicando le sillabe: “A-di-o!” Qualcuno ride a sentir rammentare queste bazzecole: eppure sono i più vivi piaceri che si provin nei viaggi!