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malaga. 389


falde del monte la cattedrale, che s'innalza maestosamente su tutti gli edifizi circostanti, lanciando al cielo, come direbbe un poeta ardito, due belle torri e un altissimo campanile. Tra il castello e la chiesa e dinanzi al monte e ai lati, una moltitudine, una canaglia, per dirla alla Vittor Ugo, di casuccie affumicate, e poste le une sulle altre, alla rinfusa, come se fossero state buttate giù dall'alto, a modo di macigni. A sinistra della cattedrale, lungo la spiaggia, una fila di case color cinerino, violaceo, giallognolo, con un contorno bianco alle finestre e alle porte, che rammenta i villaggi della riviera ligure. Al di là una corona di colline verdi e rossastre, che chiudon la città come le mura d'un anfiteatro; a destra e a sinistra, lungo la riva del mare, altri monti e colline e roccie a perdita d'occhio. Il porto quasi deserto, la spiaggia quieta, il cielo purissimo.

Prima di scendere a terra, mi congedai dal capitano che doveva proseguire il suo viaggio per Marsiglia, salutai il nostromo e i passeggieri, dicendo a tutti che sarei arrivato a Valenza proprio il giorno che ci doveva arrivare il bastimento, e che perciò mi sarei imbarcato di nuovo con loro per andare a Barcellona e a Marsiglia; e il capitano mi disse: — L'aspettiamo, — e il cameriere mi promise che m'avrebbe serbato il posto. Quante volte, in seguito ricordai le ultime parole di quella povera gente!

Scesi a Malaga coll'intenzione di partire la sera