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372 | cadice. |
cheggiando come un altopiano coperto di neve; ora lasciava veder qua e là in mezzo al verde alcune striscie bianche, e si nascondeva daccapo, e faceva ogni sorta di vezzi e di civetteríe da donnina capricciosa. Poi disparve, e non la rivedemmo più; e non rimase che la cattedrale. Allora tutti si voltarono a guardare le sponde. Pareva di navigare in un lago d'un giardino. Qui una collina vestita di cipressi, là un poggio tutto fiorito, più oltre un villaggio schierato lungo la sponda; e sotto i pergolati dei giardini e sulle terrazze delle ville, signore che ci guardavan col canocchiale; e qua e là famiglie di contadini vestiti di vivi colori, e barchette a vela, e ragazzi nudi che si tuffavan nell'acqua e facean tomboli e guizzi, strillando e agitando le mani verso le signore del bastimento che si coprivano il viso col ventaglio. A qualche miglio da Siviglia, incontrammo tre bastimenti a vapore a breve distanza l'un dall'altro. Il primo ci venne addosso all'improvviso, in una giravolta del fiume, così che io, non esperto di quella maniera di navigazione, temetti un momento che non si fosse più in tempo ad evitare lo scontro. I due bastimenti si passaron vicini quasi da toccarsi, e i passeggieri dell'uno e dell'altro si salutarono e si gettaron sigari e aranci, incaricandosi a vicenda di portare un saluto a Cadice e a Siviglia.
I miei compagni di viaggio eran quasi tutti Andalusi; così che dopo un'ora di conversazione, io li conosceva dal primo all'ultimo, nè più nè meno che se fossero stati tutti miei amici d'infanzia. Ognuno