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358 | siviglia. |
bagnai una mano allo zampillo della fontana, palpai una colonnetta, m'affacciai alla porta, presi un fiore, alzai gli occhi alle finestre, risi, misi un sospiro, e dissi: — "Quanto debbono esser felici coloro che vivon qui!" — In quel punto sentii ridere, mi voltai, e vidi lampeggiar dietro una persiana due neri occhietti, che sparirono subito. "In verità," dissi "non credevo che su questa terra si potesse ancora vivere tanto poeticamente! E pensar che voi vi godete queste case per tutta la vita! E che avete ancora voglia di stillarvi il cervello colla politica!" — Il signor Gonzalo mi spiegò i secreti della casa. — "Tutti questi mobili," mi disse "questi quadri, questi vasi di fiori, all'avvicinarsi dell'autunno scompaion di qui e risalgono al primo piano, che è l'abitazione dell'inverno e della primavera. All'avvicinarsi dell'estate, letti, armadii, tavole, seggiole, ogni cosa si riporta nelle stanze a pian terreno, e la famiglia dorme qui, e desina, riceve gli amici e lavora, in mezzo ai fiori e ai marmi, al mormorío della fontana. E poichè la notte si lascian le porte aperte, dalle stanze dove si dorme si vede il patio illuminato dalla luna, e si sente l'odor delle rose." — "Oh basta!" esclamai, "basta, signor Gonzalo, abbia pietà degli stranieri!" — E ridendo di cuore tutti e due, uscimmo per andar a vedere la famosa Casa de Pilatos.
Passando per una stradina solitaria, vidi nelle vetrine d'una chincaglieria un assortimento di coltelli così spropositatamente larghi e lunghi e stra-