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siviglia. | 353 |
che un loro ritratto fedele parrebbe un'esagerazione mostruosa; la maggior parte son piccine e ben fatte, e tutte hanno una rosa o una viola o un mazzetto di fiori di campo fra le treccie. Sono pagate in ragione del lavoro che fanno; le più abili e le più operose guadagnano fino a tre lire il giorno; le pigre — las holgazanas — dormono colle braccia incrociate sul tavolo e la testa appoggiata sulle braccia; le mamme lavorano dimenando una gamba cui è legata una cordicella che fa dondolare una culla. Dalla sala dei sigari si passa in quella dei cigarritos, da quella dei cigarritos in quella delle scatole, da quella delle scatole in quella delle casse, e per tutto si vedon sottane color di rosa, treccie nere ed occhioni. In una sola di quelle sale quante storie d'amore, di gelosie, d'abbandoni e di miserie! All'uscire di quella fabbrica, per un pezzo vi par di vedere da ogni parte pupille nere che vi guardano con mille espressioni diverse di curiosità, di noia, di simpatia, di allegrezza, di mestizia, di sonno.
Lo stesso giorno andai a vedere il Museo di pittura.
Il Museo di pittura di Siviglia non possiede un gran numero di quadri; ma quei pochi valgono un grande Museo. Vi sono i capolavori del Murillo, e fra questi l'immortale Sant'Antonio da Padova, che ha fama di essere la più divinamente ispirata delle sue creazioni, e una delle più grandi meraviglie del genio umano. Visitai quel Museo col
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