nata a Siviglia. Si sente un brulichío come in una piazza piena di popolo. Le pareti, dalla porta d'entrata fino alla porta d'uscita, in tutte tre le sale, sono tappezzate di gonnelle, di scialli, di fazzoletti, di sciarpe; e, cosa curiosissima, tutto quell'ammasso di cenci che basterebbe a riempire cento botteghe da rigattiere, presenta due colori dominanti, tutti e due continui, l'uno sotto l'altro, come i colori d'una lunghissima bandiera: il nero degli scialli sopra, il roseo delle vesti sotto; misto al rosso il bianco, il porporino, il giallo; e par di vedere un'immensa bottega di maschere o un'immensa sala da ballo in cui le ballerine, per esser più libere, abbiano appeso al muro tutto ciò che non è strettamente necessario a salvare il pudore. Le ragazze si rimettono quei vestiti per uscire; per lavorare veston roba da strapazzo; ma ugualmente bianca o rosea. Il caldo essendo insopportabile, tutte s'alleggeriscono quant'è possibile, e perciò fra quelle cinquemila ve ne saranno appena una cinquantina delle quali il visitatore non possa contemplare a suo bell'agio il braccio e la spalla, senza tener conto dei casi straordinari che si presentano all'improvviso passare da una sala all'altra, dietro le porte e le colonne, e in fondo agli angoli lontani. Vi sono dei visi bellissimi; ed anco i non belli hanno qualche cosa che attira lo sguardo e s'imprime nella memoria: il colorito, l'occhio, le ciglia, il sorriso. Molte, e specie le così dette gitane, sono d'un bruno carico come le mulatte, e han le labbra tumide; altre, gli occhi tanto grandi