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350 | siviglia. |
fiancheggiato da' fiori, mi sentii a un tratto venir su tra gamba e gamba uno zampillo d'acqua; feci un salto indietro, ricevetti uno spruzzo nel viso; mi voltai a destra, uno spruzzo nel collo; mi girai a sinistra, uno spruzzo nella nuca; mi misi a correre, acqua di sotto, dai lati, da tutte le parti, a zampilli, a sprazzi, a pioggia, così che in un momento mi trovai fradicio come se mi avessero tuffato in una tinozza. Nel punto che apro la bocca per gridare, tutto cessa, e sento una sonora risata in fondo al giardino; mi volto, e vedo un giovanotto, appoggiato a un muricciuolo, che mi guarda coll'aria di dire: — Le è piaciuto? — Quando uscii mi mostrò l'ordigno che aveva toccato per farmi quella broma (facezia), e mi confortò assicurandomi che il sole di Siviglia non mi avrebbe lasciato molto tempo in quello stato di spugna intrisa, a cui ero passato così bruscamente, me infelice! dalle braccia amorose della mia sultana.
La sera, malgrado le voluttuose immagini che m'avea suscitate nella mente l'Alcazar, fui abbastanza calmo da poter considerare la bellezza delle sivigliane senza esser poi costretto cercare uno scampo tra le braccia del console. Io non credo che in nessun paese esistan donne più atte delle andaluse a far concepire il disegno d'un rapimento; non solo perchè destin la passione che fa far le corbellerie; ma perchè davvero paion fatte apposta per esser prese, abballottate e nascoste, tanto son piccole, leg-