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siviglia. 349


straordinariamente belli; ma i ricordi che destano valgon più della vastità e della bellezza. All'ombra di quegli aranci e di quei cipressi, al mormorio di quelle fontane, quando splendeva in quel purissimo cielo andaluso una grande e candida luna, e il folto sciame dei cortigiani e degli schiavi posava; quanti lunghi sospiri di ardenti sultane! quante umili parole di re superbi! che tremendi amori, e che tremendi amplessi! — Itimad! mio amore! — mormoravo io, pensando all'amante famosa di re Al-Motamid, e intanto giravo di sentiero in sentiero come inseguendo il suo fantasma; — Itimad! Non lasciarmi solo in questo tacito paradiso! Arrestati! Rendimi un'ora della felicità di questa notte! Ti ricordi? Tu venisti a me, e la tua ricca chioma cadde sulle mie spalle come un manto; e in quel modo che il guerriero impugna la sua spada, io afferrai il tuo collo più bianco e più morbido di quello del cigno! Com'eri bella! Come il mio cuore ansioso estinse la sua sete dentro la tua bocca color di sangue! Il tuo bel corpo uscì dalla tua veste splendidamente ricamata, come una lama nitida e scintillante esce dalla guaina; e allora io premetti con ambe le mani i tuoi grandi fianchi, e la tua vita sottile e tutta la perfezione della tua bellezza! Come sei cara, Itimad! Il tuo bacio è dolce come il vino, e il tuo sguardo, come il vino, fa smarrir la ragione!

Mentre facevo così la mia dichiarazione amorosa con frasi e immagini rubacchiate ai poeti arabi, e proprio nel momento che infilavo un sentiero tutto