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340 | siviglia. |
con infinite cure e ingenti spese libri preziosissimi, dei quali compose una biblioteca, che dopo la sua morte passò nelle mani del capitolo della cattedrale, e rimane tuttora col titolo famoso di Biblioteca Colombina. Prima di morire scrisse egli stesso i distici latini che si leggono sulla pietra della sua tomba e manifestò il desiderio di essere sepolto nella cattedrale. Negli ultimi momenti della sua vita, si fece portare un vassoio pieno di cenere, se ne asperse il viso pronunziando le parole della Sacra Scrittura: Memento homo quia pulvis es, intonò il Te Deum, sorrise e spirò colla serenità d'un santo. Subito mi prese il desiderio di visitar la biblioteca e uscii dalla chiesa.
Un cicerone mi arrestò sulla soglia per domandarmi se avevo visto il Patio de los Naranjos (il cortile degli aranci), e avendogli risposto di no, mi ci condusse. Il cortile degli aranci è posto a tramontana della cattedrale, e cinto d'un gran muro merlato. Nel mezzo sorge una fontana, circondata da un boschetto d'aranci, e da un lato, accanto al muro, un pulpito di marmo, ai piedi del quale narra la tradizione che predicasse san Vincenzo Ferrero. Nello spazio di questo cortile, che è amplissimo, sorgeva l'antica moschea che si crede sia stata costrutta verso la fine del secolo duodecimo. Ora non ne rimane più traccia. All'ombra degli aranci, sull'orlo della vasca della fontana, vanno a pigliare il fresco i buoni sivigliani en las ardientes siestas del estio; e a rammentare il voluttuoso paradiso di Maometto non resta che la leggiadra verzura e l'aria imbalsamata,